Il Tar boccia il decreto di Longo: la clinica Romolo Hospital resta autorizzata e accreditata

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  16 aprile 2021 12:02

di GABRIELE RUBINO

Il Tar ha annullato il decreto firmato dal commissario Guido Longo che disponeva la decadenza dell'autorizzazione e dell'accreditamento della clinica Romolo Hospital. La struttura di Rocca di Neto potrà regolarmente proseguire le sue attività. La decisione dei giudici amministrativi arriva dopo che con decreto cautelare del presidente il DCA n. 45 dello scorso marzo era stato comunque sospeso. LEGGI QUI 

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Sono state quindi accolte le tesi delle struttura, rappresenta e difesa dagli avvocati Alfredo Gualtieri e Demetrio Verbaro. Il decreto del commissario Longo si basava sul fatto che il rappresentante legale della struttura avrebbe effettuato false dichiarazioni su reati fallimentari nel 2017 e nel 2020. Impostazione smontata dal Tar.

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La dichiarazione: "è veritiera, giacché non risulta alcun provvedimento di tal fatta a carico del legale rappresentante della ricorrente né esso può essere desunto dalla condanna per bancarotta fraudolenta, poiché questa è stata impartita ai sensi dell’art. 223 l. fall., che si riferisce ai fatti di bancarotta commessi dai componenti degli organi sociali delle società fallite e non agli imprenditori falliti e che comunque la condanna per reati fallimentari non rientra, secondo quanto stabilito dagli artt. 7 e 8 del Regolamento attuativo della l.r. 24/2008 approvato con D.C.A. n. 81/2016, tra quelle che devono essere oggetto di dichiarazione ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio e dell’accreditamento".

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Inoltre, spiegano ancore su quelle condotte del rappresentante legale "non sono più penalmente rilevanti, giacché il reato di cui all’art. 4, comma 1, lett. d), d.l. 429/1982 conv. in l. 516/1982 è stato abrogato dall’art. 25 d.lgs. 74/2000 e il d.lgs. 507/1999 ha abolito il principio di ultrattività delle norme penali finanziarie, tra cui quella in esame. Dunque era evidente che non sussistese l'obbligo di dichiarazione per reati abrogati. Per la cronaca il commissario ad acta è stato condannato a pagare 1653 euro per le spese del giudizio.

 

 

 

 

 

 

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