Il vescovo di Cassano allo Jonio, mons. Francesco Savino sostiene la proposta del sindaco della città di candidare Sibari a sito dell'Unesco.
"Nelle pagine degli antichi autori, dedicate a Sibari - afferma il presule in una nota - si avverte sempre, come ha ben scritto Del Corno, una certa esecrazione degli eccessi, connessa a un senso di opulenza che è stata la cifra identitaria della cittadina magnogreca e, forse, la sua stessa damnatio memoriae. Sibari, il fiore all'occhiello del Mediterraneo, la culla di una intramontabile civiltà, è stata il demiurgo di una cultura che si respira ancora oggi, passeggiando nei siti storici, nelle stanze del Museo Archeologico, sulla fertilità del suo territorio. Se dovessi ripensare, con una metafora a questa cittadina, penserei proprio a quel seme di senapa che è il più piccolo sulla terra ma che, con la giusta cura e devozione, fa rami tanto grandi da permettere agli uccelli di ripararsi. Oggi questa stessa terra fertile e lussureggiante, quella che ha scomodato Pitagora, nella storica contesa con i Crotonesi, chiede di restituire i frutti di preziosi germogli, 2 fatti di storia, di studio, di impegno, di legami ancestrali con la fioritura di una ricerca continua".
"La richiesta del sindaco Papasso - prosegue mons. Savino - mi sembra solo il giusto riconoscimento per un territorio così intriso di cultura, che ha sempre lavorato sulla sussistenza, accompagnandosi col sottofondo dell'arsura del sole, delle copiose alluvioni e di uno spirito comunitario vocato all'accoglienza. Queste sono reminiscenze di secoli gloriosi che, a discapito di ciò che sembra, l'area della sibaritide non ha mai dimenticato, seppure non le appartengano più i fasti e il lusso di quell'ellenismo che si è riconvertito in un forte attaccamento alle radici storiche.
Ritrovare lo splendore della polis, vorrà dire ritrovare dentro di noi, tutti, un senso di comunità che, come dice Papa Francesco deve essere . Riuscire a identificare Sibari come sito di eccellenza storica e culturale, con il riconoscimento che merita, vorrebbe dire vincere su quella subcultura che dipinge la Calabria e i calabresi come inoperosi, mafiosi e subalterni. Perché esiste un'altra Calabria che vive della lentezza dei suoi paesaggi, del valore dei suoi siti naturali e archeologici, della sua storia che non è la banalizzazione di una migrazione, ma la commozione di un ritorno eterno dell'uguale, come ci ha insegnato Nietzsche. A questa ciclicità del tempo, a cui è affidata una alternanza necessaria di penombra, si affida la volontà degli uomini che lottano per la cultura della luce".
Per mons. "riconvertire la piana di Sibari a eccellenza artistico-storicoculturale, significherà assistere all'interruzione di un ciclo e all'apertura di una epoca nuova, di un divenire rigoglioso che potrebbe interessare le nostre nuove generazioni, spingerle alla ricerca e allo studio in loco, fare rete verso una diversificazione dell'eccellenza, agganciarli a questa terra che ha fame di menti meravigliose.
In tutto questo cammino, la Diocesi che ho la gioia di guidare, sarà sempre in apertura, come scuola di rispetto, vocata alla promozione dell'eccellenza, del dialogo e dell'accoglienza. La cultura, per me, sarà sempre la realtà che unitamente all'amore eccedente per l'altro, arricchirà i deserti interiori e porrà radici salde, nel terreno della vita, come quei semi di senapa che sono diventati, arbusti vigorosi".
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