Sono numeri e analisi che destano forte preoccupazione quelli illustrati pubblicamente, nelle scorse ore, e contenute in una ricerca dal titolo “La Calabria e la lotta ai tumori: il punto di vista di pazienti e cittadini” ad opera di istituti di ricerca e associazioni locali che si occupano di prevenzione ed assistenza.
Il solo dato che oltre 80mila calabresi convivono con un tumore e che ogni anno si registrano oltre 10 mila nuovi casi significa che ci troviamo di fronte ad una situazione di estrema gravità che deve essere affrontata con determinazione dalle istituzioni preposte.
Non c’è bisogno di sottolineare che si tratta di persone che necessitano di assistenza e strutture adeguate e che, troppo spesso, purtroppo non vengono garantite nella doverosa misura sull’intero territorio regionale.
Così come è del tutto evidente che, al di la dell’apprezzamento che i pazienti in larga maggioranza esprimono per medici e personale sanitario, il problema da affrontare è organizzativo, strutturale e, conseguentemente, di risorse economiche da spendere nell’immediato e da investire in termini di capillari campagne di prevenzione.
10mila nuovi casi all’anno sono l’emblema di un sistema sanitario generale che non funziona, che non riesce a fare della prevenzione la prima e vera arma contro l’insorgere della malattia. Una prevenzione che per essere davvero efficace deve dispiegarsi non solo in ambito strettamente sanitario ma più generale, coinvolgendo anche tutti i soggetti che hanno responsabilità nella gestione del territorio.
Sappiamo che sono tante le cause e le concause che comportano l’insorgere del male ma è pur vero, come hanno sempre sostenuto tutti gli studi scientifici, che anche il fattore ambientale, cioè il luogo dove si vive o si opera, è divenuto sempre più determinante.
E questo ambito è di competenza esclusiva delle Istituzioni pubbliche che devono garantire il rispetto dell’ambiente, del territorio, delle produzioni eco-sostenibili, della salubrità dei luoghi di lavoro. Una competenza che ricade su Comuni, Province, Regione, Aziende sanitarie.
In questo senso, per esempio, la Calabria manca di mappe costantemente aggiornate sulle aree inquinate e a rischio inquinamento “ufficiali” che, purtroppo, in una terra martoriata ed umiliata come la nostra è facile intuire siano molte.
Lo scempio che le organizzazioni criminali in combutta con imprese ed industriali senza scrupoli del Nord hanno fatto è scolpito in decine di relazioni parlamentari, in dossier degli ambientalisti e sentenze della magistratura. Ma tutto ciò non sembra aver provocato la giusta attenzione degli organismi preposti, lasciando la situazione in una condizione di colpevole indeterminatezza, come se le conseguenze che gravi e reiterate azioni criminali ai danni del nostro ambiente non comportassero danni e sofferenze immani alla nostra gente e alla nostra terra.
Alle buone intenzioni, per lo più fatte di parole, è urgente si sostituisca l’azione concreta che possa dare il via ad una mappatura completa, dettagliata e ufficiale delle aree inquinate e a rischio e che rappresenti il primo passo per l’attuazione di tutte le opere di bonifica ritenute indispensabili.
Si tratta di un impegno lungo, faticoso e dispendioso ma che, anche alla luce dell’evidente aumento di casi di cancro nella nostra regione, non può essere rimandato oltre se davvero si vuole assicurare un futuro più sereno e sicuro ai calabresi.
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