La Calabria ha toccato il fondo. Sulla sanità c'è bisogno di interventi straordinari

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images La Calabria ha toccato il fondo. Sulla sanità c'è bisogno di interventi straordinari
Sabatino Nicola Ventura
  22 novembre 2019 15:56

di SABATINO NICOLA VENTURA 

Dunque, la Calabria ha toccato il fondo; lo certificano, ancora una volta, il recente rapporto SVIMEZ e l’ultimo report della Commissione Europea a cura di Eurostat. Siamo l’ultima Regione dell’Europa, lo provano tutti gli indicatori che riguardano la qualità di vita e la quantità (attesa di vita dei residenti); peraltro sempre di meno nel numero: ci avviciniamo rapidamente a essere pari a un grande quartiere di Milano. La fine della Calabria è stata sancita, soprattutto, da tutti i governi nazionali degli ultimi vent’anni. Alla “Questione Meridionale” hanno sostituito la “Questione Settentrionale”. La Lega è il maggiore responsabile di questa grave scelta, ma tutto il Centro-Destra unito ne è stato, e continua ad essere l’artefice principale. La connivenza e la subalternità culturale e legislativa dei vari governi di Centro-Sinistra hanno concorso all’emarginazione del Mezzogiorno; già storicamente indietro. Con la modifica del titolo V della Costituzione, d’inizio secolo, si è contribuito, e tanto, ad approfondire ulteriormente il solco tra il Centro/Nord e il Sud. Si è affermato, con forza di legge costituzionale, la diversità delle opportunità e dei diritti per i cittadini italiani in base alla regione di residenza.

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La proposta di Autonomia Differenziata presentata, soprattutto, dal Veneto e dalla Lombardia, assunta con il sostegno di un referendum, alla quale hanno dato consenso anche partiti e forze del Centro-Sinistra, se passerà, sancirà la fine sostanziale dell’unità d’Italia: le Regioni saranno delle piccole nazioni. (Si è Nazione e un solo Paese, se i diritti di cittadinanza appartengono in ugual modo a tutti). Ma non intendo svolgere un approfondimento di merito sulla questione, che necessiterebbe un ragionamento compiuto in molto più spazio. Lascio quanto accennato, pertanto,  solo  come base rispetto alla riflessione che vado a scrivere.

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Intervengo, in particolare, sulla sanità. La modifica del Titolo V della Costituzione ha determinato, senza ombre di dubbio, una forte incrinatura all’unità del Sistema Sanitario Nazionale. Il diritto universale alla salute stabilito dalla legge quadro del 1978, l’833, è stato messo in discussione (è stata intaccata l’integrità di un principio, di un valore). I cittadini calabresi hanno subito e continuano a subire sulla propria pelle e in modo pesante i derivanti atti discriminatori. Si è determinata, inoltre, un’oggettiva difficoltà a reggere il passo con le altre Regioni e a promuovere iniziative valide di adeguamento.

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La politica sanitaria gestita, sino a dieci ani fa, dalla Regione Calabria si è sempre distinta per grave incapacità: è stata prigioniera delle clientele, degli interessi elettorali di partiti e personaggi politici, che hanno voluto e difeso ogni presidio sanitario territoriale, in barba a ogni raziocinio. La politica calabrese è riuscita a costruire e a metterli quasi tutti in funzione, 32 o 33 ospedali; un’abnorme assurdità per una regione con un modesto numero di residenti. Lo spreco, per mantenere aperti e in “funzione” tanti ospedali e gli aggiuntivi presidi territoriali, con situazioni di chiaro sotto utilizzo, è diventato d’obbligo. Le clientele, questione endemica in ogni ambito in Calabria, sono state per la sanità, “la norma”. La spesa ha, pertanto, raggiunto livelli altissimi, che non giustifica la qualità e quantità dei servi offerti. Non poteva essere diversamente, considerato che nulla avveniva e avviene sulla base di una programmazione. (siamo l’unica regione d’Italia che non ha mai avuto un Piano Sanitario). Alla situazione particolare determinata dalle politiche nazionali e da quelle regionali, i Governi Nazionali sono intervenuti, sin dal 2009, commissariando il “Sistema Sanitario Regionale”, estromettendo, per la gran parte delle competenze, la Regione. Oggi, a dieci anni d’ininterrotto commissariamento, la situazione è notevolmente peggiorata; si sono aggiunte a tanta gravità, altre e più preoccupanti e pericolose questioni: ASL senza bilanci (Reggio Calabria); alcune in dissesto finanziario; due commissariate per infiltrazioni mafiose.

Negli ultimi dieci anni i governi nazionali, dunque, sono intervenuti assumendo decisioni che non hanno sortito  benefici ; per certi aspetti hanno anche aggravato la situazione.

Gli interventi governativi si possono individuare sostanzialmente in: il commissariamento della Calabria, togliendo alla Regione competenze importantissime; il piano di rientro dal debito e il così detto Decreto Calabria di alcuni mesi fa, oggi convertito in legge. Sono interventi che prevalentemente puntano al contenimento della spesa e al recupero del debito. Le misure, a consuntivo, hanno contribuito a determinare la situazione di collasso che si registra (la spesa continua a essere altissima, il disavanzo, se pure ridotto, si mantiene su cifre preoccupanti, l’emigrazione sanitaria è aumentata, (si spendono circa trecentoquindicimilioni di euro all’anno per curare i nostri cittadini nel Centro/Nord Italia.)

La tutela del bene salute in Calabria è quotidianamente a rischio. Non basta l’impegno qualitativo e quantitativo della stragrande maggioranza degli operatori sanitari, peraltro in condizioni difficilissime (strutture, attrezzature, personale, logistica, ecc), non più sostenibili, per soddisfare le necessità e le richieste dei calabresi. La grave situazione penalizza soprattutto i meno ambienti, che, privi di disponibilità economica, non possono pagare le prestazioni offerte dai privati, né tantomeno recarsi fuori regione: decidono di non curarsi.

Tale congiuntura dovrà essere affrontata con tutta urgenza e in via straordinaria.

Che cosa fare ? innanzi tutto prendere atto che le scelte governative non funzionano: sono necessarie scelte diverse ed eccezionali. Proverò ad avanzare qualche proposta:

1) Chiudere con la fase commissariale;

2) modificare sostanzialmente o ritirare il “decreto Calabria”, ora legge;

3)ridare titolarità alle istituzioni democratiche calabresi;

4) concertare Calabria/Governo, il percorso di riscatto e rilancio della sanità in Regione (Piano Regionale della Sanità da licenziare in brevissimo tempo dal Consiglio Regionale);

 5) Annullare  con una sanatoria, o rivedere profondamente il Piano di Rientro;

6) investire in modo sostanzioso per realizzare la programmazione, strumento importante per razionalizzare gli interventi e la spesa e anche per ridurre notevolmente l’emigrazione;

7) sostenere e rilanciare la Facoltà di Medicina della Calabria;

 8) assicurare una più oculata distribuzione del personale nei servizi sanitari e procedere rapidamente, in via straordinaria, alla stabilizzazione di tutti i precari e allo scorrimento delle graduatorie di concorsi;

9) assicurare, ove necessario, ogni aggiornamento professionale.

La Calabria ha bisogno d’interventi fondamentali, non improvvisati e fuori da ogni impegno programmatico. La recente decisione della Regione Veneto, che ha voluto, “soccorrere” la sanità calabrese, in particolare i servizi di chirurgia, è rappresentativa dell’approccio culturale e della concezione che si ha della Calabria. Tale scelta, “Accordo di Collaborazione”, è stata predisposta con il precedente Governo e avallata dall’attuale.  Proverò a esaminare quello che ritengo l’aspetto fondamentale dell’iniziativa: nessun ruolo o rilevanza della Calabria su quanto deciso, l’Accordo di Collaborazione si è, infatti, concretato tra la Regione Veneto, il Ministero della Salute e l’Azienda sanitaria di Padova. Nell’Accordo di Collaborazione non c’è, non ha avuto alcun ruolo, chi “beneficerà” degli interventi previsti, la Calabria.

Scelte slegate da un intervento organico complessivo, programmazione, senza il pieno coinvolgimento della politica e degli operatori sanitari, non avranno sbocchi seri.

L’ASL di Padova arriva in Calabria per insegnare alle chirurgie la metodologia Lean. Tale scelta è, ritengo, improbabile, non seriamente praticabile. La Lean management è una metodologia gestionale snella di un’azienda: per realizzare miglioramenti sostanziali nella qualità e quantità. E’ il motore fondamentale di un’Azienda. Mi domando: nella situazione della sanità calabrese, che manca dei fondamentali (programmazione, unità d’indirizzi, organizzazione, riduzione rilevante del numero dell’Aziende, logistica, strutture, attrezzature, personale, ecc.) come potrà essere possibile, salvo una mistificazione o alterazione o approssimazione scarsamente efficace, realizzare, per le sole chirurgie, quella che è prevista con grande significato, come gestione complessiva (metodologia LEAN) di un’Azienda? La chirurgia non è un settore a se dall’organizzazione e dal metodo di gestione complessiva di un’azienda. Chiedo si facciano cose serie e importanti per riprendere la Calabria, in questo caso la sanità. Ben vengano le qualità e le esperienze presenti in altre aziende sanitarie d’Italia, ma a seguito o in contemporanea delle scelte strategiche indispensabili, non più rinviabili, che il servizio sanitario in Calabria attende da troppi anni. 

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