di ORLANDINO GRECO *
Purtroppo è il leitmotiv degli ultimi decenni ma oggi più che mai se ne avverte la drammaticità: il Paese è in mano a gruppi dirigenti dal pensiero breve, spesso intenti a parlare alla pancia del popolo ma poco inclini, di fatto, alla realizzazione del bene comune.
Soprattutto nei momenti di crisi economica e sociale, la storia italiana, dal secondo dopoguerra alla prima Repubblica, è stata caratterizzata da una cultura orientata al senso delle Istituzioni, alle ragioni di Stato che hanno da sempre prevalso sugli egoismi dei giochi di palazzo.
È dagli anni ‘90 che l’offerta programmatica tipica dei partiti aventi una visione ideologica di società è stata sostituita dal marketing acchiappavoti dei salotti televisivi, spesso fondato sul perverso gioco speculativo rispetto ai disperati bisogni della gente. La visione è stata sostituita dal sondaggismo, la competenza dalla cooptazione, la militanza dall’autoreferenzialità, le vocazioni territoriali dai particolarismi del Nord.
Sono settimane concitate quelle che vive il Governo, con accuse incrociate, ultimatum e minacce di crisi che non danno affatto l’idea di un conflitto sul merito delle questioni bensì su posizionamenti tattici mirati all’acquisizione di nuovi dicasteri: l'esperienza giallorossa è ancora una volta appesa alla posizione di Italia Viva, il partito di Renzi, che dapprima ha dato vita al Governo stesso, salvo poi tenere il PD ed il M5S, ormai chiaramente in bambola e privi di una chiara linea politica, sotto il ricatto dei voti in Parlamento, quegli stessi voti minoritari che Renzi combatteva a suo tempo da Segretario del PD, cercando di propinare un’improbabile legge elettorale iper maggioritaria, l’Italicum, poi bocciata dalla Corte Costituzionale. “Come si cambia, per non morire”, intonerebbe la Mannoia. È evidente come il cambiamento in questione sia legato ad un ambito raggiungimento della soglia di sbarramento da parte dell’ex enfant prodige fiorentino, che gli consentirebbe la sopravvivenza politica.
Dunque è inaccettabile e da irresponsabili, alla luce del momento di emergenza sanitaria ed economica con cui il nostro Paese deve fare i conti, restare attaccati alle poltrone e navigare a vista. Ci sono priorità da affrontare con grande serietà e capacità di analisi, dal Recovery Plan alle riforme strutturali del Paese, in primis quella del riequilibrio territoriale tra Nord e Sud: questi saranno i mesi che decideranno le sorti nel nostro Paese per gli anni a venire. A cosa è servito aver votato una finanziaria nella quale sono stati stanziati euro zero per il Mezzogiorno nel 2020 e 100 milioni di euro nel 2021? Cifre irrisorie che danno la dimensione della presa in giro.
La strada per rimettere in moto l’economia è ancora in salita e si teme una crisi al buio che significherebbe caos totale, non possono i veti di una forza minoritaria e l’inettitudine di PD e M5S caratterizzare questa fase. Il Presidente del Consiglio Conte abbia un sussulto di dignità politica, salendo al Colle e discutendo con il Presidente della Repubblica Mattarella se esistono i margini di verifica per una nuova maggioranza, diversamente ceda il passo a chi davvero si sente pronto a prendersi delle responsabilità verso gli italiani.
Questa compagine di governo la smetta di giocare sulla pelle delle persone e impegni ogni energia per scegliere idee e progetti per il presente e per l’avvenire, studiando le modalità esecutive più rapide che servono per fare le cose, avendo bene in mente quali sono le priorità.
È questa l’ultima chiamata alle armi di una classe dirigente che rischia di rimanere una meteora dell’albo politico italiano e soprattutto di lasciare il Paese nel guado.
* segretario federale Italia del Meridione
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