di STEFANIA PAPALEO
"Spero di salvarmi". Leggo e rileggo quel messaggio di una settimana fa e non riesco a trattenere le lacrime. Era forte Cristina Vercillo, era una giornalista determinata che aveva dedicato tutta la sua vita al Quotidiano della Calabria (oggi Quotidiano del Sud) in cui lavorava dal 1995. Ma quella mattina no. In quel messaggio traspariva tutta la sua fragilità. Tutta la sua paura per un futuro che la malattia le stava così atrocemente negando. A 59 anni era ormai provata nel fisico e nella mente da quel terribile male a causa del quale aveva da poco subito un secondo intervento chirurgico, dopo una lunga e vana terapia che la faceva stare sempre male. E stasera ecco arrivare la notizia che mai avrei voluto sentire.
Cristina non c'è più. Cristina, una collega con la quale ho condiviso ben 22 anni della mia carriera giornalistica. Cristina, giornalista preparata e competente che sempre rinunciava alla ribalta per garantire quel "lavoro sporco" che permette a un giornale di andare in stampa. Cristina, il capo redattore della sede centrale di Cosenza sulla quale tante volte è stato facile scaricare la rabbia per contrattempi quotidiani che solo chi svolge questo mestiere in una redazione può conoscere. Salvo poi chiederci scusa a vicenda e volerci bene più di prima. Con la promessa, a conclusione di ogni telefonata, che presto sarebbe venuta a Catanzaro a trovare noi colleghe della sede distaccata del giornale.
Promessa che le avevo strappato anche durante questa sua lunga malattia. Aspettava solo di riacquistare un pò di forze per poterci incontrare, mi diceva puntualmente nel corso delle nostre lunghe telefonate. Da lei o da me, sarebbe stato indifferente. L'importante sarebbe stato rivederci, dopo tre anni in cui le nostre strade lavorative si erano divise.
E adesso è arrivato il momento. Ci rivedremo io e Cristina, ma non come avremmo voluto. Non per portarla a passeggiare nel bellissimo Parco della Biodiversità di cui le parlavo sempre. La rivedrò in una chiesa, quella di Rende, dove mercoledì mattina si svolgeranno i funerali.
"Certo che ti salverai, devi sempre pensare positivo", le avevo risposto quella mattina del 19 dicembre, limitandomi a scriverle su wathsapp dal momento che due sondini nel naso le impedivano di parlare. Ma la mia era una bugia. E forse lo sapevo pure. Quelle sue parole, infatti, mi avevano bucato il cuore. Mi avevano lasciato un senso di angoscia esploso solo stasera, nel momento di ricevere il triste messaggio di un collega.
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