"Menzogne e falsità": così il procuratore della Repubblica aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha commentato la testimonianza dall'ex pentito Giuseppe Calabrò nel processo alla cosiddetta "'Ndrangheta stragista" in corso in Corte d'assise.
Lombardo ha chiesto ed ottenuto dalla Corte la trasmissione degli atti della testimonianza di Calabrò alla Procura per valutare se procedere nei suoi confronti per il reato di falsa testimonianza.
Calabrò, in relazione agli omicidi dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, avvenuto nel 1994 nei pressi dello svincolo autostradale di Scilla dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, ha ritrattato quanto aveva affermato all'inizio della sua collaborazione con la giustizia, e cioé che l'agguato contro i due militari gli fosse stato commissionato dal cugino Antonio Filippone, figlio di Rocco Santo Filippone, imputato nel processo in corso a Reggio Calabria insieme al boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano, capo del mandamento di "Brancaccio", a Palermo.
Il duplice omicidio, secondo la prima versione fornita da Calabrò, sarebbe rientrato nella strategia stragista di attacco allo Stato voluta dall'allora capo di Cosa nostra, Salvatore Riina, per aumentare il potere contrattuale dell'organizzazione criminale siciliana nell'ambito della "trattativa" Stato-mafia.
Nelle sue nuove dichiarazioni Calabrò ha, invece, sostenuto che l'assassinio dei due carabinieri é stato, in realtà, "una ragazzata" commessa insieme al collaboratore di giustizia Consolato Villani per evitare di essere sottoposti ad un controllo da parte dei militari. Tesi smentita dallo stesso Villani, tuttora collaboratore di giustizia.
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