“L’insieme delle circostanze hanno dato prova del metodo mafioso e della paura di coloro che si sono trovati sulla strada dei capi e degli associati della ‘locale’ di ‘ndrangheta capitolina di cui alla diarchia Carzo e Alvaro, o di Giuseppe Penna che professava la sua aperta vicinanza alla ‘ndrangheta (“dietro di me c’è una nave”), anche spalleggiandosi delle intime amicizie e frequentazioni con Domenico Alvaro (già condannato definitivo per 416 bis), impedendo alle vittime così di denunciare alle forze dell’ordine avendo paura di ritorsioni”.
Lo scrive il gip di Roma Gaspare Sturzo nell’ordinanza con cui ha disposto 43 arresti nell’ambito dell’indagine della Dda della Capitale e della Dia, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò, nei confronti della prima ‘ndrina calabrese attiva a Roma e sgominata con la maxi operazione di oggi.
“Siamo di fronte ad un complesso di vicende che a partire dal 2015/2016 si sono sviluppate, alcune ancora in corso sino al settembre 2020 – si legge nell’ordinanza - e comunque con effetti di permanenza quanto a società ed aziende ad oggi gestite con capitali di illecita provenienza, o oggetto di riciclaggio, mostrando come gli indagati sono stati in grado di impedire ogni forma di collaborazione con le autorità giudiziarie, sia delle vittime, come di professionisti non collusi con costoro, nonché degli stessi dipendenti delle aziende e società”.
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