Un sequestro di beni per oltre 10 milioni di euro è in corso nelle province di Roma, Milano, Reggio Calabria e Latina nei confronti di un noto pluripregiudicato contiguo alla 'ndrangheta.
Dalle prime ore di stamani oltre 50 finanzieri del Comando provinciale di Latina in collaborazione col Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico) stanno dando esecuzione a un provvedimento emesso dal Tribunale di Roma - Sezione misure di prevenzione.
I dettagli dell'operazione, denominata "Gerione", sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa presso la Procura della Repubblica di Roma alla presenza del procuratore vicario Michele Prestipino Giarritta.
Il provvedimento di sequestro ha sottoposto a vincolo ben 53 immobili, tra appartamenti e terreni, 1 opificio industriale, 5 autoveicoli, 1 imbarcazione, conti correnti, quote societarie e l’intero compendio aziendale di 10 società.
Un ingente sequestro di imprese commerciali, beni immobili e disponibilità finanziarie eseguito dalle fiamme gialle di Latina - in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata - nelle province di Roma, Milano, Reggio Calabria e Latina.
Il patrimonio sarebbe riconducibile a S.G., 45 anni, noto imprenditore residente in provincia di Latina, ma originario di Reggio Calabria.
L’imprenditore, che opera principalmente nel settore dell’edilizia, immobiliare e del commercio di prodotti elettronici, risulta gravato - a partire dagli anni ’90 - da diverse precedenti penali e numerose sentenze definitive di condanna per reati contro il patrimonio, di bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale.
LE INDAGINI
Le attività investigative condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Latina avrebbero consentito di accertare un “rilevante spessore criminale” dell’uomo, identificandolo come appartenente ad una famiglia vicina a note cosche della ‘ndrangheta.
Gli inquirenti lo dipingono anche di una “raffinata e pervicace capacità delinquenziale”, che sarebbe testimoniata da attività di riciclaggio di capitali illeciti che avrebbe attuato con la creazione di numerose società, anche all’estero, intestate a presunti prestanome.
Da ultimo, il 45enne, nel 2018 è stato arrestato, insieme ad altri tre soggetti, in quanto ritenuto responsabile di un tentato omicidio ai danni di due imprenditori romani che fu eseguito con l’utilizzo addirittura di bombe a mano e fucili automatici tipo kalashnikov; ma anche di estorsione e usura, reati commessi con l’aggravante del metodo mafioso.
Gli approfondimenti patrimoniali, condotti con il continuo supporto operativo dello Scico, avrebbero permesso, mediante l’interrogazione massiva delle banche dati in uso al Corpo, l’esame di una copiosa documentazione bancaria e lo sviluppo di segnalazioni per operazioni sospette, di elaborare delle “schede” sull’accumulazione di un ingente patrimonio.
L’imprenditore, infatti, avrebbe potuto disporre, direttamente o indirettamente, di un compendio di beni il cui valore è risultato decisamente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati.
Ad avvalorare le tesi investigative ci sarebbero anche dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, i quali confermavano che il 45enne, al fine di tenere sotto traccia i propri affari, si avvaleva di prestanomi incensurati apparentemente operanti nella legalità.
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