di VANESSA CUCONATO*
Il culto di San Michele arcangelo fu introdotto dall' imperatore Giustiniano ed ebbe grande diffusione in Italia e nell'intero Occidente anche grazie alla cristianissima regina longobarda Teodolinda. A differenza di ciò che la vulgata popolare tramanda, furono, infatti, i Longobardi e non i Normanni a condividerne la fede e a produrne relative opere artistiche peculiari.
Prescindendo dalla Francia, nel caso precipuo dell'Italia, la Puglia mostra diverse aree caratterizzate dalla devozione altissima alla figura mistica: in primis il Gargano. Ma ancora più singolare è riscoprirne i tratti in località che appaiono molto meno battute dal turismo religioso, come alcune località calabresi.
Non è un caso che uno dei due ponti più antichi d'Italia (69 a. C.), quello di Scigliano sul Savuto sia denominato alternativamente di Annibale o di S. Angelo, nome intercambiabile con quello di S. Gabriele. Anche nei paesi di Rose e San Donato di Ninea è palese il menzionato culto. In particolare, nel primo si ritrova nella chiesa Matrice, mentre nel secondo in un antro dov'è palese l'influenza dell'apparizione "ad instar" nei recessi, come nella mitologia greca e nei racconti medioevali.
Vi è anche testimonianza nella grotte di Sant'Angelo a San Lorenzo Bellizzi, a Cassano allo Ionio e nella chiesa di San Michele a Paola, struttura bizantina poco conosciuta.
Un capitolo a parte merita un autentico scrigno di meraviglie artistiche da riscoprire: la chiesa di Sant'Angelo a Luzzi.
Qui, infatti, inerpicandosi fra suggestivi vicoli, all'interno del centro storico si giunge alla più antica costruzione religiosa del nucleo urbano più remoto, di quella che un tempo fu la Tebe lucana, ma frequentata sin dalla Preistoria e da cui provengono importanti reperti ellenistici e romani, oggi custoditi nel Museo dei Brettii ed Enotri di Cosenza. Quella di cui s'intende parlare è una struttura sacra luzzese del primo Medioevo e dedicata a san Michele arcangelo, ma conosciuta come sant'Angelo.
Vi si accede da una bianca gradinata e al suo interno si rimane stupiti per lo spettacolo che si apre alla vista.
Un prezioso altare dal cromatismo ceruleo, alla cui sinistra posizionata in basso è l'iconografia di sant'Angelo che trucida il demonio, medesimo schema raffigurato nella ivi presente statua lignea dell'arcangelo che uccide il male, sotto forma di drago.
Si ricordi, com'è noto, che, come nell'Europa centro-settentrionale, l'iconografia del peccato si traduce in figure standardizzate, come quelle inquietanti di un drago e di un serpente di grandi dimensioni.
Immagini che dalla simbologia mediterranea e non solo pervengono a guisa di archetipi ancestrali da esorcizzare o da cercare di annientare soprattutto in quest'ultimo periodo dagli scenari socio-politici sempre più inquietanti.
*dottore di ricerca, autrice di saggi scientifici e articoli divulgativi, prof.ssa di greco e latino
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