Resta in carcere Michele Marinaro, 52 anni, ex finanziere in servizio alla Dia, accusato di corruzione in atti giudiziari aggravata dal metodo mafioso e utilizzazione di segreti d'ufficio nell'ambito dell'operazione "Brooklin", l'indagine che ha messo a fuoco sui lavori di manutenzione straordinaria (presunto materiale scadente utilizzato) del ponte “Morandi” e di un tratto della strada statale 280 “dei Due Mari”.
Secondo l'accusa Mariano avrebbe rivelato all'imprenditore particolari delle indagini, affidate alla Dia, e avrebbe condotto le indagini in modo da mitigare l'accusa nel confronti degli Sgromo
Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha rigettato il ricorso presentato dai suoi legali, Aldo Ferraro e Vincenzo Galeota, i quali il 30 novembre scorso hanno argomentato con una lunga memoria difensiva le ragioni secondo cui l'ex finanziere non doveva restare dietro le sbarre dell'istituto penitenziario del capoluogo. Il Tdl ha rigettato il Riesame ma ha escluso l'aggravante del metodo mafioso.
"Il giudizio di gravità indiziaria formulato nei confronti di Marinaro si fonda, in via unica ed esclusiva, sul contenuto della copia forense dello smartphone sequestrato a Eugenio Sgromo in data 24/05/2018 nel corso di una perquisizione domiciliare delegata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nell’ambito del procedimento penale, poi archiviato", hanno scritto i legali.
"Da tale copia forense sarebbero stati quindi estrapolati i contenuti della chat intercorsa tra Marinaro Michele e Sgromo Eugenio sull’applicazione di messaggistica Whatsapp, nonché due screenshot che avrebbero consentito di collocare cronologicamente l’inizio dei loro rapporti telefonici. Il problema, però, è che tale copia forense non è stata versata in atti, essendo pacifico che il fascicolo di cui si compone l’odierno procedimento penale è integralmente digitalizzato a sistema TIAP, senza che –in esso ovvero nel “fascicoletto d’udienza” - vi sia traccia della esistenza di eventuali atti non digitalizzati, né di “supporti” esterni", continuano i legali nella memoria.
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I legali hanno posto l'accento sull'accusa di corruzione, cercando di contestare l'impianto: "Non può dirsi che ciascuno degli atti depositati dalla DIA appaia espressione della distorsione della funzione pubblica che a causa di un pregresso (e mai indicato) accordo corruttivo aveva indotto la redazione di atti favorevoli, laddove, invece essi (sulla base di presupposti ignoti, perché supposti e non esplicitati) avrebbero dovuto oggettivamente assumere un contenuto diverso e quindi ingravescente per le contestazioni elevate ai fratelli SGROMO (sulla scorta, ancora una volta, di presupposti investigativi ignoti in quanto non esplicitati in atti). Né possono rilevarsi anomalie nel metodo utilizzato per la conduzione delle indagini e nella redazione degli atti correlati da intendere quale antecedente condizionante la funzione pubblica, non esercitata dal solo Marinaro (che peraltro era il meno graduato rispetto agli altri) ma sempre da più appartenenti alla DIA (anche di elevato grado), che in ipotesi d’accusa avrebbe immotivatamente indotto alla redazione di CNR favorevoli ai soggetti investigati".
"La condotta imputata a Marinaro non si presta ad essere qualificata in termini di corruzione propria in atti giudiziari, poiché gli atti alla cui redazione ha partecipato, non si apprezzano come non veritieri o non rispondenti alle oggettive emergenze investigative, dovendosi precisare che il giudizio di ritualità e correttezza non può essere circoscritto alle conclusioni di volta in volta rassegnate nelle note o nelle CNR, ma deve interessare l’intero sviluppo ricognitivo e valutativo che le qualifica, e tanto vale ad escludere l’incidenza di una causa determinate il condizionamento alternativamente da rapportare all’accordo (nell’ipotesi di corruzione propria) o nell’aspettativa di poter ricevere un possibile vantaggio patrimoniale (in quella della corruzione susseguente)". (ed.cor.).
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