Operazione "Cuore Matto" al Sant'Anna di Catanzaro: dissequestrati 7,5 su 10,5 milioni di euro

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images Operazione "Cuore Matto" al Sant'Anna di Catanzaro: dissequestrati 7,5 su 10,5 milioni di euro

  30 novembre 2020 18:14

di EDOARDO CORASANITI

Una questione di soldi, principalmente. E sono quelli che per primi finiscono al Tribunale della libertà di Catanzaro, chiamato a decidere sull’istanza di Riesame Reale presentata dalla principale protagonista dell’indagine “Cuore Matto” della Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri: la clinica Villa Sant’Anna di Catanzaro, difesa dall’avvocato Francesco Gambardella che ha discusso in udienza il 24 ottobre e dall'avvocato Roberto Zanotti, che la mattina dell’uno ottobre scorso si vede notificata un sequestro preventivo a doppia cifra, 10 milioni e mezzo di euro. L’accusa è di aver ottenuto rimborsi dal sistema sanitario a fronte di circa presunti mille falsi ricoveri in terapia in tensiva coronarica (Utic), tramite il legale rappresentante, il direttore generale e l’ex direttore sanitario.  Ma i giudici del Riesame ribaltano e sgonfiano il quadro, rideterminando in 3.085.033,26€ la somma sottoposta a sequestro preventivo e disponendo la restituzione a Villa Sant’Anna di 7.479.900,84 euro. Le motivazioni del provvedimento entro 45 giorni.

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Al centro delle investigazioni coordinate dai pubblici ministeri Vito Valerio e Chiara Bonfadini c’è la gestione del reparto di “unità terapia intensiva coronarica” (Utic), ufficialmente operante all’interno della clinica, ma che sembrerebbe mai entrato in funzione.
Per la vicenda risultano indagati il legale rappresentante Rosanna Frontera, il direttore generale della clinica Giuseppe Failla, l'ex direttore sanitario dal 2010 al 2019 Gaetano Muleo.  I reati contestati sono di truffa aggravata e continuata ai danni del servizio sanitario e frode nelle pubbliche forniture. Indagato anche l’allora presidente della commissione aziendale di accreditamento delle strutture sanitarie private dell’Asp di Catanzaro, Domenico De Fazio. L’accusa è di rifiuto d’atti d’ufficio.

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Con l’ordinanza del 30 settembre a firma del Gip Gaia Sorrentino viene disposta la misura cautelare del divieto temporaneo, per 12 mesi, di esercitare attività professionale o imprenditore nei confronti di Failla e Frontera. Entrambi hanno presentato appello cautelare contro l’ordinanza. A metà ottobre invece la stessa Gip emette contro De Fazio (nel frattempo sottoposto ad interrogatorio) un’ordinanza cautelare che dispone la misura di “interdizione dai pubblici uffici, con riferimento al conferimento di incarichi pubblici relativi alle funzioni di valutatore regionale per il sistema di accreditamento, nonché per l’attività di vigilanza e controllo in seno all’unità operativa di igiene e sanità pubblica presso il dipartimento di prevenzione” per una durata di tre mesi.

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L’INDAGINE E LE ACCUSE- Oggetto delle investigazioni è la gestione del reparto di “unità terapia intensiva coronarica” (utic), ufficialmente operante all’interno della clinica, ma che è accusato di non essere mai entrata in funzione. Dal 2013 la casa di cura era accreditata presso il servizio sanitario regionale alla gestione di posti-letto utic, destinati al trattamento delle patologie cardiache acute, che richiedono monitoraggio continuo e costante dei parametri vitali, in soggetti con gravi scompensi cardiaci in atto. Al termine delle attività, sarebbe emerso che il reparto non era mai stato concretamente avviato, risultando privo di attrezzature conformi agli standard del servizio e del personale medico e paramedico adeguatamente preparato e in numero idoneo a garantire un’efficace turnazione e assistenza “h24”. I pazienti cardiologici acuti sarebbero stati assistiti e trattati non presso l’utic, come normalmente sarebbe dovuto accadere, ma nei reparti di “cardiologia” o di “unità terapia intensiva post-operatoria” (utipo), mentre i posti letto ufficialmente destinati al reparto utic ospitavano ricoveri ordinari. Grazie a tale presunto sistema fraudolento, la casa di cura sarebbe così riuscita a ottenere tra il 2013 e il 2019 dal servizio sanitario regionale un illecito profitto di oltre 10 milioni di euro: 5 milioni di euro per presunti falsi ricoveri nel reparto Utic dal 2013 al gennaio 2019; 3,3 milioni di euro, una quota erogata dalla Regione per prestazioni di alta complessità tra cui Utic che corrisponde alle così dette "funzioni non tariffabili" per il solo anno 2016; 2 milioni di euro la quota premiale per l'abbattimento della mobilità passiva. 

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