Coronavirus/L’intervista. All'Unical si sperimenta con gli anticorpi sintetici. Il professore Pezzi: “Serviranno ancora numerosi studi”

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images Coronavirus/L’intervista. All'Unical si sperimenta con gli anticorpi sintetici. Il professore Pezzi: “Serviranno ancora numerosi studi”
Vincenzo Pezzi
  18 marzo 2020 01:04

di GIORGIA RIZZO

Una nuova strategia per il trattamento del nuovo Coronavirus attraverso l'uso di anticorpi sintetici arriva dall'Università della Calabria.Un risultato importante che fa ben sperare, nato dal lavoro serrato del team composto da Francesco Puoci, professore associato del Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione,da Ortensia Ilaria Parisi, postdoc Unical, dal professor Vincenzo Pezzi, ordinario di Biologia Applicata, e dal dottor Rocco Malivindi, tecnico sociosanitario, che hanno curato gli aspetti biologici della ricerca, insieme al dottorando Marco Dattilo e al borsista Francesco Patitucci.Il tutto in stretta collaborazione con la spin off Macrofarm dello stesso Ateneo. 

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Abbiamo posto alcune domande al professore Pezzi, ordinario di Biologia Applicata, per capire meglio i dettagli dello studio. 

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Professore, ci spieghi meglio i dettagli di questa ricerca. Qual è esattamente il meccanismo che permette a questi anticorpi sintetici di bloccare il virus?

“Il nuovo Coronavirus “aggancia” la cellula bersaglio attraverso una proteina, detta proteina spike, che si
lega ad uno specifico recettore delle nostre cellule, ACE2. La tecnologia si basa sull’ingegnerizzazione 3D di
polimeri a memoria molecolare, che definiamo anticorpi sintetici, che riescono a riconoscere e captare il
dominio RBD, ovvero il segmento della proteina spike che si lega al recettore ACE2». Il legame specifico del
polimero impedisce al virus di riconoscere e quindi attaccare ed infettare le cellule bersaglio”.

Il SARS-CoV-2 è un virus nuovo, ma grazie alla conoscenza di un altro coronavirus molto simile, il virus della Sars, è possibile sapere qualcosa in più sul suo conto. Quanto sono state importanti queste conoscenze pregresse anche nel vostro lavoro?

“Abbiamo utilizzato le conoscenze acquisite del virus della SARS per verificare la selettività del nostro
anticorpo sintetico. Infatti il virus SARS possiede un dominio RBD molto simile (all’80%) a quello del nuovo
SARS-CoV-2. Il nostro preparato, tuttavia, non riesce a legare il dominio RDB della SARS ma ha una grande
affinità con l’RBD della SARS-CoV-2. Questo risultato ci consente di essere molto ottimisti sulla selettività di
azione e quindi sulla efficacia di questo anticorpo che tuttavia deve essere ancora testata in vivo”.

La vostra ricerca è stata sottoposta all'attenzione di una rivista scientifica internazionale di grande
prestigio. Quale attenzione c'è ad oggi da parte del mondo scientifico mondiale rispetto al Coronavirus?

“C’è una grande attenzione e diversi sono i gruppi di ricerca che stanno lavorando in maniera parallela sulle
varie strategie possibili per identificare una cura efficace. Ci sono strategie più immediate che possono
essere sperimentate immediatamente come l’uso di farmaci normalmente utilizzati per altre patologie che
limitano gli effetti patologici del virus, mentre la messa a punto di strategie più efficaci che hanno come
bersaglio l’eliminazione del virus necessitano di strategie a più lungo termine come l’identificazione di un
vaccino o di nuovi specifici farmaci antivirali. Quest’ultime strategie necessitano di notevoli investimenti e
tempi congrui per la messa a punto di nuove strategie terapeutiche”.

Il vostro lavoro è ancora all'inizio. Quali saranno i prossimi passi, quali speranze e anche quali scadenze vi siete dati come team?

I prossimi passi sono la sperimentazione sul virus attivo e poi quella in vivo sugli animali e sui pazienti. Per
queste fasi avremo bisogno di una collaborazione con Aziende farmaceutiche interessate a sviluppare il
farmaco insieme a noi”.

Secondo lei, quanto si conosce ad oggi del nuovo Coronavirus e quanto siamo lontani dal comprenderlo
appieno per trovare una cura definitiva?

Saranno necessari ancora numerosi studi sia di tipo molecolare sui meccanismi di replicazione e
progressione, sia di tipo epidemiologico per meglio comprendere le modalità di trasmissione e le condizioni
ambientali che favoriscono la velocità di contagio. Inoltre la sperimentazione in vivo sui pazienti ha bisogno
di tempi lunghi prima di avere la possibilità di utilizzo di nuovi farmaci o terapie vaccinali”.

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