di GABRIELE RUBINO
Il commissariamento della sanità calabrese rappresenta un "unicum". L'annotazione era arrivata giusto qualche settimana addietro direttamente dalla Corte Costituzionale nella sentenza che aveva dichiarato illegittime tre norme contenute nel Decreto Calabria bis (LEGGI QUI). Da ieri, l'unicità si è rafforzata.
L'ULTIMO FORTINO STATALE IN ITALIA- Il Consiglio dei ministri ha nominato commissario ad acta della sanità del Molise il presidente Donato Toma. Il servizio sanitario calabrese rimane dunque l'ultimo fortino 'statale', in cui le competenze della Regione sono congelate. E' così dal 2014. Giuseppe Scopelliti resta l'ultimo presidente calabrese ad essere stato nominato commissario. Da allora fino ad oggi hanno sfilato sulla passerella numerosi rappresentanti del governo centrale. Non sono riusciti a curare il male (il debito, principalmente) causato dalle classi politiche che si sono succedute prima del decennio dell'intervento dello Stato.
COME E' ANDATA IN MOLISE- Toma l'ha spuntata dopo una lunga battaglia. Il presidente molisano è da anni che chiede di essere nominato commissario. Una mano l'ha data chi è stato scelto dal governo. Evidentemente i trambusti ai vertici della sanità esistono anche in altre regioni. A marzo di quest'anno si era dimesso l'ex generale della Guardia di Finanza Angelo Giustini, dopo qualche 'problemino' con il piano regionale anti-Covid di cui si è interessata la Procura. Al suo posto il governo aveva inviato Flori Degrassi, che, dopo circa quattro mesi, ha deciso di lasciare una settimana fa. Le cronache molisane raccontano che il passo indietro sia stato motivato, oltre che dai canonici 'motivi personali', dal fatto che la sua struttura non avrebbe ricevuto adeguate risorse finanziarie e 'professionali' per affrontare la questione del debito. Suona sinistramente simile ad alcuni degli attuali difetti del commissariamento calabrese.
GLI SCENARI DOPO LE ELEZIONI REGIONALI- La nomina di Toma può fare da apripista allo scenario in cui il nuovo presidente della Giunta calabrese sarà commissario ad acta della sanità? Ci sono molte condizioni favorevoli. Anzitutto, il fattore politico. Il governo Draghi poggia su una larghissima ed eterogenea maggioranza. I tre principali candidati alla presidenza (al momento in campo), fatta eccezione per de Magistris, sono sostenuti da schieramenti che appoggiano l'esecutivo. E anche da Roma dopo la sentenza della Consulta, che ha salvato l'impianto generale del commissariamento pur bacchettando lo Stato chiamato a fare qualcosa in più (a proposito di risorse umane per la struttura), l'aria è quella che la mano centrale debba cominciare a ritirarsi. C'è però un ostacolo: fino a novembre 2022 resta in vigore il Decreto Calabria bis. La consegna alla Regione della sanità calabrese, a legislazione immutata, porterebbe al paradosso che in pochissimo tempo dacché il presidente praticamente non aveva alcuna prerogativa si ritroverebbe ad essere un super-commissario con poteri enormi. Poteri che il prefetto Guido Longo non ha, o meglio finora non è stato in grado di esercitare. L'ipotesi più soft sarebbe quella di superare anticipatamente la stessa legge speciale sul servizio sanitario calabrese, che è un'altra 'unicità'. Del resto i due provvedimenti sono stati licenziati dal Conte 1 e dal Conte 2, quest'ultimo esecutivo hai poi anche nominato l'attuale commissario Longo. Adesso c'è Draghi e una maggioranza estesa. Il commissariamento della sanità calabrese sembra destinato a cambiare.
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