Interessi delle ’ndrine sul Comune di Rende e rapporti tra amministratori e presunti boss. Sono queste le ipotesi della Dda di Catanzaro, formulate nell'inchieste "Reset", che hanno portato al provvedimento con cui li Consiglio dei ministri, ieri sera, ha deciso lo scioglimento del consiglio comunale di Rende, grosso centro alle porte di Cosenza, sede dell'Università della Calabria, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Nel maxi blitz della Dda di Catanzaro di un anno fa, finirono infatti anche il sindaco di Rende Marcello Manna (al momento sospeso); l’ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Rende Pino Munno e l’assessore comunale di Cosenza Francesco De Cicco.
L’operazione “Reset” del primo settembre di un anno fa ha inferto un duro colpo ai clan confederati del Cosentino. Nell’inchiesta finirono numerosi rappresentanti delle principali consorterie mafiose, politici, amministratori, imprenditori.
Nel provvedimento di chiusura delle indagini, firmato dal procuratore capo Nicola Gratteri, emergono però alcune novità. Gli indagati sono, in totale, 252 per i quali si sta svolgendo in questi l’udienza preliminare. Dal provvedimento di chiusura indagini emerge la conferma dell'esistenza di un nuovo collaboratore di giustizia, Ivan Barone, che è ritenuto uno dei componenti del gruppo degli Zingari.
Ma emergono altri particolari importanti ai fini investigativi. Gianfranco Rua’ e Gianfranco Bruni, condannati all’ergastolo, sono accusati di favoreggiamento nei confronti del presunto capo delle cosche confederate Francesco Patitucci. I due sono accusati di aver reso falsa testimonianza nel processo per il duplice omicidio Lenti-Gigliotti. Roberto Porcaro, invece, è accusato di aver partecipato all’omicidio di Giuseppe Ruffolo avvenuto a Cosenza nel 2011. In questi casi sarebbero state importanti anche le dichiarazioni rese dal pentito Danilo Turboli che da poco ha deciso di collaborare.
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