di MARCO VALLONE
Hanno protestato anche in Calabria, davanti alla Cittadella regionale, i lavoratori della Sanità Privata e delle Rsa nell'ambito di uno sciopero nazionale indetto dai sindacati. Dopo un tentativo di conciliazione naufragato, il rinnovo dei contratti non è riuscito ad approdare ad una vera e propria trattativa con le associazioni datoriali Aiop e Aris, le quali rifiuterebbero ogni apertura di discorsi negoziali con i lavoratori e le associazioni sindacali, vincolando un eventuale rinnovo di contratto a una copertura integrale dei costi da parte del Ministero della Salute e delle Regioni.
“Noi oggi partecipiamo a uno sciopero generale nazionale – ha affermato la segretaria generale Fp-Cgil Calabria, Alessandra Baldari – che riguarda i lavoratori e le lavoratrici che sono contrattualizzati con i contratti Aris e Aiop Rsa. Parliamo di sanità privata: il personale in tutta Italia ammonta a circa 200mila lavoratori e lavoratrici che purtroppo, per una presa di posizione e un modus operandi delle associazioni datoriali, stanno soffrendo e sono sotto ricatto rispetto a un mancato rinnovo contrattuale che è fermo per quanto riguarda la sanità privata a 6 anni fa e per quanto riguarda Aiop Rsa addirittura a 13 anni fa. Abbiamo già fatto tanti altri scioperi, l'ultimo il 23 settembre. Il problema è che le associazioni datoriali vincolano la trattativa di rinnovo alla garanzia di essere finanziati totalmente, per quanto riguarda il mondo del lavoro, dal governo e dalle regioni. Ora – ha spiegato Alessandra Baldari – a noi questo sembra uno stallo impossibile, anche perché ricordiamo che queste associazioni comunque già sono finanziate con fondi del fondo sanitario nazionale che non solo sono cresciuti con la scorsa legge finanziaria, con la scorsa legge di bilancio, ma addirittura è in discussione adesso un decreto in commissione alla Camera dei deputati per ulteriormente incrementare i finanziamenti alla sanità privata. E' assolutamente inaccettabile che loro pongano questa condizione avendo già un finanziamento abbastanza congruo e, in ogni caso, se hanno queste rivendicazioni da fare, non le possono scaricare tenendo bloccato il contratto”.
“Noi stamattina siamo qui – ha proseguito con fervore la segretaria generale Funzione Pubblica-Cgil Calabria – perché vogliamo parlare con il presidente Occhiuto in maniera tale che lui, così come facciamo con tutti i presidenti di Regione, possa intanto sensibilizzare le associazioni datoriali da un lato, ma anche prendere una posizione ferma in conferenza Stato-Regioni e vincolare, perché questo potere le Regioni ce l'hanno, sia il rinnovo dell'attribuzione degli accreditamenti al rispetto del rinnovo contrattuale e dell'applicazione dei contratti sottoscritti a livello nazionale con le organizzazioni maggiormente rappresentative, che sono Cgil, Cisl e Uil, e che hanno il 95% della rappresentanza in questo comparto. Ricordo a tutti che parliamo di servizi essenziali perché la sanità privata è perfettamente integrata nel sistema sanitario nazionale e il suo contributo è necessario per conseguire i Livelli Essenziali di Assistenza. Noi parliamo di strutture private che erogano servizi di cura, assistenza e, soprattutto in Calabria, di Rsa, che sono quasi del tutto private, e si occupano di anziani e pazienti cronici a cui è vitale continuare a fornire assistenza. Però non possiamo pensare – ha rilevato Baldari – che tutto questo venga fatto da lavoratori e lavoratrici, nonostante la loro condizione di arretratezza retributiva aggravata dall'inflazione che abbiamo avuto negli ultimi anni, ma anche nonostante la loro condizione rispetto ai diritti che non sono uguali tra sanità pubblica e sanità privata. Noi abbiamo cercato un riallineamento nel rinnovo del contratto del 2020 ma poi, di nuovo, almeno per quanto riguarda la sanità privata e quindi 6 anni fa, siamo al blocco. Quindi noi pensiamo che la politica debba prendersi la responsabilità di affrontare questo problema una volta per tutte e di portare la trattativa in porto, in maniera tale che diamo risposte a questi lavoratori e lavoratrici. E bisogna far capire alle associazioni datoriali che anche il rischio d'impresa non si può scaricare tutto sulla collettività: hanno delle responsabilità, fanno dei profitti con risorse pubbliche da cui sono finanziati. Devono capire che è necessario continuare a fornire assistenza ma farlo anche in condizioni, per quanto riguarda i lavoratori, che siano dignitose”.
Walter Bloise, segretario generale Uil Fpl Calabria, dal canto suo ha fatto presente come “oggi, anzitutto, si sciopera in tutta Italia per ottenere dei contratti equi e giusti. Circa 200mila persone in tutta Italia non vedono applicarsi un contratto da oltre 10 anni. In particolare scioperiamo per quanto riguarda la tutela dei dipendenti che lavorano nei settori Aiop e Aris di sanità privata e nei settori Aiop e Aris Rsa. Non si stipulano contratti da 6 e 13 anni. Non è la prima volta che scioperiamo e scendiamo in piazza, anche a settembre lo abbiamo fatto: è un discorso di equità sociale. In molti casi i contratti sono stati sottoscritti, in questo caso i datori di lavoro vincolano i contratti a ulteriori risorse da parte di Stato e Regioni. Siamo qui anche per chiedere al presidente della Regione di intervenire in merito. Non riteniamo corretto che ci siano strutture che operano in regime di accreditamento pubblico e non abbiano contratti equi”. Relativamente alla possibilità di nuove iniziative in programma Walter Bloise ha chiosato: “Noi non ci fermeremo, per rivendicare diritti per questi lavoratori che svolgono una funzione sociale”.
Infine Giuseppe Spinelli, segretario regionale Cisl Fp Calabria, ha sottolineato come l'obiettivo odierno sia quello di richiedere “al presidente Occhiuto un intervento autorevole per quanto riguarda la riapertura di questi tavoli, cercando di incidere sulle aziende per quanto riguarda il rinnovo del contratto, mettendo una limitazione eventualmente agli accreditamenti qualora non siano in linea con quelle che sono le nostre richieste. Sono richieste giuste: non si può tenere un contratto fermo 6 anni e 13 anni. Crediamo sia arrivato il momento di intervenire”.
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