Scuola/Il dibattito. Il prof Citro di Cosenza: "La scuola streaming. Questa la strada giusta da percorrere?"

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Alessandro Citro, docente Cosenza (il primo in alto nella griglia con la sua V classe del IiS Pezzullo Quasimodo Serra di Cs)
  15 maggio 2020 07:14

di ALESSANDRO CITRO*

A due mesi ormai dalla chiusura fisica delle scuole e della sua delocalizzazione sulle piattaforme digitali si possono esprimere delle considerazioni  abbondantemente basate sui fatti. La prima considerazione che si potrebbe fare è la  quantità di denaro che, almeno negli annunci,  riguarda la scuola-streaming. Agli iniziali 85 milioni di euro per la didattica a distanza e il potenziamento delle piattaforme didattiche digitali si sono aggiunti altri 80 milioni da risorse PON per l’acquisto di pc e tablet nelle scuole del primo ciclo, primaria e secondaria di primo grado. Inoltre, quasi 1 miliardo e mezzo di euro in due anni, 850 milioni per il 2020, sono previsti nel Decreto Legge Rilancio, appena approvato dal Governo Conte. Mai visti in tempi recenti tanti soldi destinati alla scuola che, sia chiaro, sono sempre una goccia nel mare visto che negli anni la scuola è stato uno dei comparti sociali più falcidiati economicamente e rispetto al quale lo Stato destina da anni poco più del 3% del Pil contro una media Europea del 4.5.

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A questa direttrice digitalizzata della didattica i cosiddetti GAFAM ( Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) sono notevolmente interessati visto il nuovo territorio che si spalanca davanti ai loro occhi e dunque hanno moltiplicato i siti, le piattaforme, i dispositivi di interesse scolastico da cui possano beneficiare milioni e milioni di studenti.

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In questa frenetica impresa di digitalizzazione della scuola si registrano anche alcuni episodi strani. Più volte la consegna da parte delle forze dell’ordine dei  dispositivi digitali, tablet e computer scolastici agli alunni chiusi in casa, ha assunto le connotazioni di un rito sacrale, un frammento scenografico da immortalare con le telecamere e le macchine fotografiche, quasi un salvifico atto sociale, salvo poi accorgersi, molte volte, che quei dispositivi non avevano in dotazione software installati in grado di supportare le piattaforme digitali scolastiche e quindi completamenti inutili.

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Ma siamo veramente sicuri che sia questa la nuova frontiera della didattica e della scuola? A due mesi da questo esperimento didattico si registrano, sia nei docenti sia negli alunni, sempre più frequenti casi di ansia e nervosismo e, per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti, si segnalano casi di depressione dovuti all’isolamento in soggetti che, per normale evoluzione biologica,  tendono a stare in compagnia tra di loro in spazi tendenzialmente all’aperto. Molti studi scientifici sottolineano il pericolo della iperconnessione  per un sano sviluppo psichico e mentale. Inoltre, come segnalato anche dalla Fondazione Carolina, stanno emergendo sempre più frequentemente casi di zoombombing ( intrusione di estranei nelle videolezioni) e cyberbullismo.

Per quanto riguarda gli altri attori di questa inopinata esperienza didattica, cioè i docenti, si sono visti catapultati in una dimensione esistenziale e lavorativa del tutto nuova e rispetto alla quale il loro impegno ormai è senza orario e senza privacy visto la risposta alla situazione emergenziale creatasi. Il professore Asor Rosa, in un suo recente articolo a riguardo, sottolinea “l’impegno eroico” compiuto dai docenti di ogni ordine e grado che ha permesso di non fare affondare un intero circuito sociale. Ma non si può essere eroi per sempre e dunque quella domanda se sia questa la strada giusta da percorrere è sempre attuale.

*Alessandro Citro, docente IIS Pezzullo- Quasimodo Serra - Cosenza

 

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