Sono due le cosche di Cosenza colpite dal blitz messo a segno questa mattina dai Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura di Catanzaro: gli italiani e i rom. I Lanzino-Ruà-Patitucci e gli Abruzzese.
Entrambi i clan avrebbero gestito gli affari illeciti di Cosenza e provincia. E' quanto emerge dall'indagine che ha determinato 18 fermi.
E lo avrebbero fatto con armi, estorsioni, minacce, usura, traffico di sostanze stupefacenti, violenza. Tutto finalizzato ad aumentare e solidificare il controllo della città e del territorio limitrofo.
Ma anche omicidi, gambizzazioni, pestaggi in pubblico, realizzati con metodi spietati.
Infatti, i destinatari dei provvedimenti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di omicidio, estorsione (tentata e consumata) nei confronti di numerosi titolari di attività commerciali ed imprenditoriali del cosentino, porto e detenzione illegali di armi anche da guerra, stupefacenti, usura in danno di imprenditori che versavano in stato di bisogno e lesioni.
A spiegare le circostanze e i rapporti di forza della criminalità organizzata di Cosenza sono stati il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e i vertici di tutte e tre le forze dell'ordine che hanno collaborato al blitz denominato "Testa di Serpente".
Riflettori puntati anche sull'omicidio di Luca Bruni, il presunto boss scomparso il 3 gennaio 2012 e ritrovato ormai senza vita solo nel dicembre 2014.
"La collettività può continuare a credere in noi, oggi le forze dell'ordine hanno lavorato come un unico corpo, un'unica polizia giudiziaria coordinata da un'unica Procura". afferma Gratteri nel corso della conferenza stampa. Il procuratore, nel corso dell'incontro con i giornalisti, ha messo in evidenza che nessuno è sfuggito al fermo sottolineando il lavoro compatto e fedele condotto di Carabinieri, Polizia e Guardia di finanza.
"Sono state azzerate - ha aggiunto Gratteri - le fughe di notizie. Questa settimana 300 persone, usurati, estorti, hanno chiesto di parlare con me". "Le estorsioni erano diffuse a macchia d'olio su tutta Cosenza - ha detto l'aggiunto Vincenzo Capomolla - Un modus operandi per mantenere il controllo del territorio e per infiltrarsi nelle attività economiche della città, oltre che per alimentare la bacinella comune".
"In Calabria - ha detto il comandante regionale della Guardia di Finanza, generale Fabio Contini - stiamo investendo molto per estirpare la malapianta". "C'è piena consapevolezza - ha aggiunto il generale Alessandro Barbera, dirigente dello Scico - che in Calabria le cose devono cambiare". La Squadra Mobile di Cosenza ha ricostruito il coinvolgimento di Luigi e Marco Abbruzzese, implicati anche nell'occultamento del cadavere di Luca Bruni, come ha spiegato il dirigente della Squadra Mobile Fabio Catalano.
Le estorsioni, hanno messo in evidenza il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, colonnello Piero Sutera, e il comandante del Nucleo Operativo, tenente colonnello Raffaele Giovinazzo, stavano schiacciando il capoluogo bruzio non solo con pressanti richieste di denaro - anche 500 euro al mese - ma attraverso la violenza fatta di aggressioni, intimidazioni con bottiglie piene di benzina, proiettili davanti alle saracinesche dei negozi e telefonate minatorie che partivano dalle cabine telefoniche".
I NOMI:
Abruzzese Luigi, 1985
Abruzzese Antonio, 1984
Abbruzzese Marco, 1990
Abbruzzese Nicola, 1988
Abbruzzese Franco, 1973
Marotta Antonio, 1979
Casella Francesco, 1963
Bevilacqua Antonio, 1956
Colasuonno Antonio, 1978
Alushi Claudio, 1996
Attento Adamo, 1991
Porcaro Roberto, 1984
Drago Carlo, 1974
Drago Giovanni, 193
Turboli Alberto, 1980
Turboli Danilo, 1995
D'Elia Andrea, 1992
Germano Pasquale, 1994
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