di NICOLA FIORITA
Sull’accreditamento ufficiale del corso di laurea in Medicina e chirurgia e tecnologie digitali presso l’Unical il nostro giudizio è netto: si tratta di una grave sconfitta per Catanzaro e la sua università, per la Calabria dilaniata ancora da una guerra tra poveri, per il sistema di formazione regionale incapace di pensarsi in maniera unitaria e di progettare un futuro ambizioso in cui si aggiungano percorsi e non ci si divida il poco che c’è.
E’ una notizia pessima, priva di qualunque risvolto positivo. Lo affermiamo con chiarezza e di sicuro non oggi per la prima volta. Non potrebbe essere diversamente e non perché ci appassionino le piccole polemiche strumentali o i piccoli campanilismi da cortile. Il nostro giudizio era e rimane negativo perché la scelta di far nascere quel corso di laurea è priva di visione e di strategia e in quanto tale, quindi, indebolisce l’ateneo catanzarese senza fare gli interessi della Calabria.
Formazione e cultura rappresentano uno dei comparti privilegiati sui quali è davvero possibile costruire percorsi di crescita del nostro territorio, senza velleitarismi e fuori da ogni trita retorica. Ma anche fuori da logiche dal respiro corto, se non addirittura del tutto prive di respiro. Da questo punto di vista, l’avvio di quel corso di laurea non rappresenta in alcun modo un rafforzamento dell’offerta formativa calabrese nel suo complesso e neppure un contributo alla necessaria sinergia che dovrebbe connotare i rapporti tra le università della nostra regione. Perché è l’intero sistema a doversi rafforzare, non il singolo ateneo e per di più cannibalizzando un altro. La Calabria non ha bisogno di un’Università della Calabria un pochino più grande, la Calabria ha bisogno di un sistema di formazione imperniato sullo sviluppo congiunto e razionale dei tre atenei che lo compongono.
Purtroppo però è proprio il sistema a manifestare pesanti limiti e tutta la propria incapacità di pensare in termini di strategia di lungo respiro. Non solo il sistema universitario ma anche e forse soprattutto quello politico, a cui spetterebbe il compito di fare sintesi tra le diverse spinte, comprese quelle che maturano all’interno degli atenei grazie anche dell’autonomia di cui essi godono. La politica regionale è debole e quella catanzarese lo è in maniera particolare. E fa specie che questa amministrazione di centro destra che ha costantemente sottovalutato l’importanza di un dialogo fecondo con l’UMG pensasse di cavarsela annunciando qualche corso di lingua straniera, di cui già non c’è più traccia
Dunque c’è poco da stupirsi e da polemizzare se manca il confronto, se manca la sinergia, se mancano il progetto e la visione. Nel gennaio del 2018 avevo invocato un consiglio comunale aperto che mettesse insieme l’intera classe politica dell’area centrale e i vertici dell’ateneo per affrontare tutti insieme il rischio della frammentazione insita nell’attivazione di questo corso di laurea all’Unical e la sfida di un rapporto nuovo tra UMG e città, tra UMG e regione, tra Catanzaro, la sua università ed il futuro. Niente: un silenzio lungo due anni e mezzo ha partorito una nuova sconfitta.
Ciascuno per sé e Dio per tutti ed è così che maturano le scelte avventate che danneggiano la Calabria e che le faranno pagare prezzi sempre più salati in futuro. Oggi festeggia Occhiuto e Catanzaro (tutta?) recrimina; domani potrebbe accadere il contrario ma si tratta di contingenze, perché alla fine perdono, perdiamo tutti. E come al solito non è colpa del destino cinico e baro. È la naturale, drammatica conseguenza della mancanza di unità, di visione, di senso del bene comune.
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