di LUIGI POLILLO
L' Autonomia differenziata è divenuta legge, secondo un suo parere a seguito di tale approvazione cosa rischiano la Calabria e il Sud ?
"Occorre dire in premessa che l’approvazione definitiva del disegno di legge sulla cosiddetta “Autonomia differenziata” ha come padre putativo il secondo governo “Amato” del 2001, allorquando la maggioranza di centro sinistra pensò bene di modificare il titolo V della Costituzione introducendo negli artt. 116 e 117 previsioni di ulteriori forme di autonomia regionale.
Le materie oggetto della competenza regionale differenziata sono elencate nell’art.117, e comprendono un lungo elenco: la sanità; la scuola; l’università e la ricerca; l’organizzazione della giustizia di pace; le politiche attive del lavoro; i trasporti; la protezione civile; l’amministrazione del paesaggio; il governo del territorio; la gestione del ciclo dei rifiuti; la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia; il sostegno alle attività produttive e infine la riorganizzazione degli enti locali.
Questo elenco di competenze che dovrebbero passare dallo Stato alle Regioni è davvero impressionante, con un rischio enorme, consistente in un insopportabile spezzettamento della disciplina normativa, che impedisce le necessarie politiche unitarie nazionali.
Per quanto attiene il trasferimento alle Regioni delle competenze e risorse in materia di tutela dell’ambiente, dei beni culturali, di governo del territorio, questo porterà ad avere scelte territoriali differenti rischiando di aggravare ulteriormente una disparità tra regione e regione sulle tematiche ambientali, portando ad una sostanziale renitenza della stragrande maggioranza delle Regioni di attuare leggi dello Stato come ad esempio la legge Galasso del 1985 sui piani paesaggistici.
La regionalizzazione della scuola, poi, altererebbe una delle istituzioni fondamentali per la coesione del paese.
Insomma, un tentativo del separatismo che vanifica e stravolge il principio fondamentale sancito dalla Costituzione: l’unità d’Italia".
Il Centro storico di Cosenza è uno dei centri storici più grandi del meridione conformato su una struttura urbanistica medievale, con attrattive storiche- artistiche inestimabili. Esso è avvolto però in un velo reale di abbandono, quali potrebbero essere secondo una sua visione architettonica le potenzialità da valorizzare, i siti da recuperare, e le strategie da adottare per diventare un centro turistico di rilievo nazionale?
"L’impianto storico della città antica di Cosenza, è caratterizzato da una struttura fortemente stratificata che rende difficile l’analisi del patrimonio edilizio e di conseguenza rende difficile identificare ciò che è storico (recuperabile e con un valore intrinseco) da ciò che non lo è.
La presenza di aree degradate favoriscono il deterioramento ambientale e l’aggravarsi della situazione igienica delle stesse. Le questioni riguardano le strutture precarie degli edifici, in particolare dovute al progressivo spopolamento ed alla presenza di un consistente numero di famiglie non in grado di far fronte alle ristrutturazioni degli edifici troppo costose e complesse.
Il consistente degrado, ma anche la presenza di edifici pericolanti ha portato inevitabilmente allo spopolamento; lo spopolamento a sua volta porta ulteriore degrado, in quanto abitazioni e esercizi commerciali cessano di essere occupati e di conseguenza cessa anche il mantenimento degli edifici che vengono abbandonati.
L’avvio di un processo di riqualificazione diffusa non può che essere perseguito sostenendo la riqualificazione del tessuto edilizio in partnership con i privati, eventualmente procedendo per comparti strategici e facendo sì che il processo, una volta avviato, continui anche per autorigenerazione riproducendosi nelle aree limitrofe. Pertanto, risulta indispensabile utilizzare risorse finanziare idonee a cofinanziare interventi sul patrimonio privato.
L’erogazione di “contributi” dovrà essere finalizzata alla realizzazione di lavori di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo relativi alle parti comuni degli edifici ed a tutti gli elementi che, pur essendo di proprietà privata, caratterizzano e sono parte integrante delle facciate degli edifici e pertanto contribuiscono al mantenimento dello stato di consistenza e del decoro complessivo di dette parti.
Non si tratta, quindi, di trasformare il centro storico in “centro a vocazione turistica”, ma ridare centralità alla Città Antica in un’ottica di rivitalizzazione esaltando il valore storico di memoria collettiva sedimentata".
Nella complessità della vita moderna, l'arte contemporanea potrebbe divenire pilota della nostra regione e rispondere ai contesti mutevoli del tempo odierno?
"Bisogna ripensare l’intero modello di sviluppo fondato sui beni culturali ed artistici, non basandolo solo sulla “industria della conservazione”, non solo sulla moltiplicazione dei turisti (che sono comunque pochi rispetto alla dimensione qualitativa e quantitativa dell’offerta), ma facendo crescere attorno a questo patrimonio una serie di attività culturali che sono il vero motore economico; atteso che le attività culturali vengano viste come un settore trasversale che comprende e integra attività diverse.
In sintesi, la formazione di un grande Laboratorio, nel quale le forze produttive, specializzate nella produzione ed erogazione di servizi specifici, nell’informatica, nell’industria culturale, nel recupero edilizio e ambientale, nell’introspezione archeologica e nella ricostruzione, si associano per ottimizzare il loro prodotto con le forze culturali, con il mondo scientifico e delle arti, nel quale potranno giocare un ruolo importante l’università, le associazioni, le fondazioni, i cittadini.
Una integrazione originale tra tradizione e innovazione e/o tra tipicità e contaminazione, dove ad esempio la tradizione e la tipicità sono relative alle arti (anche e soprattutto l’arte contemporanea), alla produzione tipica (artigianato nelle sue diverse forme), mentre l’innovazione è promossa dai Centri e dagli Istituti di Ricerca, ma anche dalla sperimentazione dei laboratori d’Arte e dalla produzione artigianale.
Gli esempi non mancano: lo “Spoleto experiment”, la cosiddetta arte “fuori dal museo” che ha letteralmente “invaso” con sculture contemporanee il centro antico della cittadina umbra; l’esperienza “Volterra 73” che ha connesso l’arte contemporanea con le problematiche del centro storico e della sua componente sociale; “Gubbio 76” dove l’obbiettivo è stato stringere rapporti non solo con la monumentalità del luogo, ma, e soprattutto, con la realtà socio-economica e culturale del territorio, coinvolgendo l’artigianato e l’economia cittadina.
Insomma, emulando esempi ed esperienze di altre realtà sociali, contestualizzandole, si potrebbe avviare una nuova stagione culturale. Uno sguardo al passato pensando al futuro".
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