Violenza sulle donne, parlarne è importante: a confronto con due avvocatesse dell’AMI

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images Violenza sulle donne, parlarne è importante: a confronto con due avvocatesse dell’AMI
Avv. Candelise e Tassone
  25 novembre 2019 14:40

Oggi 25 Novembre è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza particolarmente importante ai fini della sensibilizzazione sociale contro quella che è ormai una triste e sempre più radicata realtà. Una giornata istituita partendo dal principio fondamentale che tale violenza rappresenti una vera e propria violazione dei diritti umani, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e incitare ad agire per il cambiamento.

Parlarne è importante e noi abbiamo deciso di farlo confrontandoci con due avvocati dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani (AMI): l’avv. Federica Candelise responsabile Giovani AMI Calabria e l’avv. Brunella Tassone segretaria AMI distrettuale in Calabria, che sono soprattutto due giovani donne.

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  • Partiamo subito con un bilancio attuale, qual è la situazione del nostro Paese riguardo tale fenomeno?

 Purtroppo è un bilancio non incoraggiante. La violenza di genere sta registrando numeri sempre più elevati. Soltanto nello scorso 2018 in Italia sono state uccise ben 142 donne, con una media di un femminicidio ogni 72 ore e principalmente per mano di un partner o di un ex partner. La famiglia, che dovrebbe unicamente accogliere e proteggere, sta al contrario divenendo sempre più un teatro di efferati delitti, di cui gelosia e possesso risultano essere i moventi principali.

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  • Sono comunque intervenute negli anni diverse leggi in aiuto delle donne, vogliamo parlarne?

 Sicuramente la risposta da parte delle istituzioni negli ultimi dieci anni è stata ben più incisiva rispetto al passato. Siamo partiti dalla legge antistalking del 2009 alla legge sul femminicidio, la n.119 del 2013, che hanno senz’altro concorso a contrastare l’aggravamento di tali fenomeni. In aiuto alle norme già vigenti è arrivato infine il c.d. “Codice Rosso” (L.69/2019), una legge di recentissima emanazione che è entrata in vigore lo scorso 9 Agosto e che prevede importanti innovazioni e modifiche, sia sostanziali che procedurali, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.

 

  • Per quanto riguarda in particolare il Codice Rosso, quali sono le novità più importanti di questa recentissima legge?

 

 Il Codice Rosso prevede innanzitutto una corsia preferenziale ed un avvio e trattazione più rapidi dei procedimenti penali nei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale attraverso l’obbligo per la polizia giudiziaria di riferire la notizia di reato immediatamente al pubblico ministero (anche in forma orale), è inoltre previsto che il Pm per i delitti di violenza domestica o di genere senta la persona offesa entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Ulteriore novità incisiva della nuova legge riguarda l’introduzione di ben quattro nuovi reati inseriti nel codice penale, che potranno rappresentare per le donne una maggiore e concreta tutela. Tra le norme più attese ce n’è una in particolare, ossia l’introduzione del reato di “Revenge porn”.

  • Che cosa significa e cosa prevede la nuova normativa in tal senso?

 Effettivamente nel nostro quadro normativo, la mancanza di un reato simile finora ha rappresentato una forte lacuna. Il revenge porn consiste nell’utilizzo distorto di immagini e/o video privati, di natura sessuale, che vengono diffusi su web e social network a scopo vendicativo e senza il consenso della persona ritratta. Si tratta di una vera e propria vendetta porno, ai danni di numerose vittime (per lo più donne appunto) che si ritrovano violate nella loro sfera più intima, con la conseguenza di veder diffusa la propria immagine in modo virale, a volte addirittura dopo essere state immortalate a loro insaputa. Si tratta di un fenomeno che in Italia sta purtroppo avendo una crescita esponenziale enorme, arrivando talvolta ad assumere risvolti drammatici per le vittime che arrivano persino a suicidarsi, come nel caso della povera Tiziana Cantone. La norma in particolare è disciplinata dall’art. 612 ter c.p., il quale prevede la pena della reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro per chi, dopo averli realizzati o sottratti (o comunque dopo averli ricevuti o acquisiti) invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati e senza il consenso delle persone rappresentate. Per tale reato è previsto inoltre un inasprimento di pena se i fatti vengono commessi dal partner o ex partner.

 

  • Oltre a ciò, quali altre determinanti novità troviamo nel codice rosso?

 

Altre importanti innovazioni sono rappresentate dall’introduzione dei reati di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso di cui all’art. 583 quinquies c.p. sanzionato con la reclusione da 8 a 14 anni, pena che diventa ergastolo se per effetto del delitto in questione si provoca la morte della vittima. E’ poi stato inserito il reato di costrizione o induzione al matrimonio, disciplinato dall’art. 558 bis c.p., che prevede la reclusione da uno a cinque anni ed un aumento di pena se il reato viene commesso nei confronti di minori, procedendo anche quando il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia. Infine troviamo l’art. 387 bis c.p. in base al quale, nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, è prevista la detenzione da sei mesi a tre anni per chi, essendovi legalmente sottoposto, vìoli tali provvedimenti.

  • In conclusione, possiamo affermare di essere di fronte ad una legge finalmente determinante ai fini della tutela delle donne, o c’è ancora qualcos’altro da fare per reprimere definitivamente un fenomeno che sembra essere inarrestabile?

 Il codice rosso rappresenta una risposta culturale importante e da un lato sta già ottenendo i suoi primi risultati positivi, ad esempio in città come Cesena e Pisa, in cui è stato concretamente applicato per due casi rispettivamente di violenza domestica ed induzione al matrimonio. A nostro avviso è però una legge che, nonostante il lodevole intento del legislatore, presenta alcune criticità su cui occorre intervenire. In particolare la trattazione prioritaria imposta in via generale per tutti i casi di maltrattamenti in famiglia e violenze senza alcuna concreta distinzione di sorta, ha fatto sì che le procure venissero ben presto intasate da segnalazioni e denunce non sempre tutte meritevoli di un’urgente attenzione, con la conseguenza del rallentamento della procedura anziché di una più rapida trattazione dei casi. L’unica soluzione reale per ovviare a tali problematiche consiste nello stanziamento di fondi, ciò al fine di incrementare il personale competente, organizzare corsi di formazione specifica per polizia e magistrati e infine creare una rete di strutture idonee ad accogliere e seguire le donne dalla denuncia in poi. Allo stato attuale ed in assenza di investimenti necessari difficilmente potrà raggiungere i risultati sperati, risultati di cui il nostro Paese ha senz’altro bisogno.

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