di TERESA ALOI
Aveva 69 anni Cristina Brandi, di Andali, piccolo centro della Presila catanzarese, quando il 15 maggio 2022 morì nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. L'autopsia, confermò la presenza di una lesione, suturata, all'altezza dell'esofago. Ora, per uno strano scherzo del destino, l'udienza a carico del gastroenterologo che la ebbe in cura davanti al giudice per le udienze preliminari era proprio oggi a tre anni esatti da quel decesso. Udienza rinviata al 18 dicembre per assenza del giudice di ruolo.
Tutto iniziò il 14 marzo 2022 quando come raccontò la figlia Anna - “decido di far fare una gastroscopia di controllo a mamma. Una delle tante visite di controllo alla quale si sottoponeva periodicamente". Da lì, iniziò il calvario. "Da quella stanza mamma - raccontò Anna - uscì su una barella, coperta da un lenzuolo". Anna riconobbe il cappotto, ai piedi del lettino: alzò il lenzuolo e la vide "coperta" di sangue. Chiese spiegazioni al medico: si parlò di una sospetta lesione: il referto dell'esame più tardi confermò una lacerazione dell’esofago. Bisognava operare: un piccolo taglio e due punti di sutura. Ma nulla di questo venne: "Il chirurgo - raccontò Anna - non ritenne necessario portarla in sala operatoria perché quel buco si sarebbe chiuso da solo". Ma ad un mese esatto da quell'esame Cristina non si svegliò più.
La famiglia è assistita dagli avvocati Gabriele Chiarini e Lucia Spadoni dello Studio Legale Chiarini con sede a Urbino e Chieti, specializzato nel seguire le pratiche relative ai casi di responsabilità sanitaria.
“Il nostro studio sta offrendo assistenza giuridica ai congiunti della vittima, profondamente segnati dalla vicenda clinica sofferta dalla signora e straziati dalla perdita, nei modi e nei tempi in cui si è verificata, di colei che, in quanto madre, moglie e nonna, era il caposaldo della famiglia. Ci siamo attivati in sede civile per far luce sull’accaduto e dare voce alle istanze di giustizia dei familiari della signora mediante l’accertamento delle responsabilità per il decesso, dovuto ad una complicanza nel corso di un esame diagnostico considerato di routine, certamente prevedibile ed evitabile qualora la condotta dei sanitari fosse stata improntata a criteri di prudenza, diligenza e perizia”. “Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Catanzaro hanno evidenziato anche chiari profili di responsabilità penale, tanto da condurre ad una richiesta di rinvio a giudizio del medico operatore endoscopista che verrà vagliata dal Giudice nella imminente udienza preliminare”.
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