di TERESA ALOI
Da tre anni si batte per conoscere la verità. Lui, Armando Torregrossa, non ha mai creduto alla storia dell’allontanamento volontario del figlio. Non aveva mai creduto a quella scomparsa senza un perché.
E ora il giudice per le indagini preliminari , Antonella De Simone, ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dal pm e disposto la restituzione degli atti in procura affinché vengano eseguite ulteriori indagini sul caso del 51enne catanzarese, originario di Aversa scomparso da Catanzaro il 13 agosto 2019.
“Allo stato la richiesta di archiviazione non può essere accolta apparendo necessarie ulteriori indagini, nel senso che occorre procedere all’escussione del denunciante Armando Torregrossa al fine di meglio chiarire le circostanze riferite in denuncia, della moglie, al fine di lumeggiare gli eventi risalenti ai suoi ultimi contatti con Torregrossa Massimo nonché di altro soggetto che risulti, all’esito dell’audizione delle indicate fonti dichiarative, avere avuto contatti con Torregrossa Massimo prima della sua scomparsa”.
Interrogatori che si sarebbero già svolti. Dunque, ci sono ulteriori indagini per la scomparsa dell’operatore, impiegato negli uffici amministrativi di Fondazione Betania, a Catanzaro. Di lui, al momento resta solo un sms ai colleghi la mattina della sua scomparsa: “Non sto bene, non vengo al lavoro oggi”. Poche parole. Poi, il nulla. A parte i disperati appelli della famiglia.
Di Massimo Torregrossa si persero le tracce quello stesso giorno. Inghiottito nel nulla. Anche la sua auto, quell'Alfa Romeo 147 ritrovata nel piazzale del Benny hotel, non “svelò” nulla. Nulla che potesse spiegare il perché della sua scomparsa.
Che i giorni prima non fossero stati facili lo aveva ricordato la sorella Barbara. “Non era sereno – ricordò la donna - era come se avesse un pensiero fisso, era molto sciupato, dimagrito. Eppure alla nostra richiesta di spiegazioni ha sempre glissato”. Il 18 luglio scorso Massimo era andato a trovare la sua famiglia. Due giorni e mezzo per ritrovare le sue radici, riabbracciare le tre sorelle, i nipoti, i genitori. “Cercava di sorridere ma non era lui. Si capiva che c’era qualcosa che non andava. Anche al telefono, il 31 luglio, il giorno del suo compleanno, Massimo non era tranquillo” ricordò la sorella.
Forse, la possibile separazione della moglie. Quell’amore, talmente grande da averlo indotto a lasciare l’abito da religioso della Congregazione “Oblati di Maria immacolata” di cui faceva parte da anni anche in qualità di presbitero. Dalla Campania, terra che gli ha dato i natali, dopo aver portato la sua opera missionaria in Paesi anche extracomunitari, era stato assegnato alla sede di Catanzaro durante l’Episcopato di monsignor Antonio Cantisani. E proprio nel capoluogo aveva conosciuto il suo grande amore.
La denuncia di scomparsa venne presentata dalla moglie di Massimo 8 giorni dopo ipotizzando un allontanamento volontario. Ma il papà di Massimo a quello non ci ha mai creduto.
Così come i suoi amici che vogliono la verità. Insieme a loro, anche l’associazione Penelope che attraverso l’avvocato Paola Paparo sta facendo tutto il possibile per arrivare a chiarire il caso.
LEGGI ANCHE. Giallo sulla scomparsa di Torregrossa, il prete che si spogliò per amore
LEGGI ANCHE.Cresce l'angoscia per Massimo Torregrossa, nuovo appello della sorella
LEGGI ANCHE. Operatore di Fondazione Betania, scandagliata nella notte l'area sotto il ponte Morandi
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736