Primo giorno di scuola/8. Giannicola: "Il sentimento nostalgico di una scuola che abbiamo conosciuto sarà la nota che caratterizzerà questo ritorno"

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Loredana Giannicola
  08 settembre 2020 09:29

di LOREDANA GIANNICOLA*

In questi giorni in cui si tenta di fare un bilancio delle conseguenze di un lungo lockdown, e ci si sforza di riprendere i ritmi di una quotidianità improvvisamente cancellati dalla pandemia e messi in parentesi dal bisogno di riprendersi la libertà con vacanze insolite accompagnate da mascherine e richiami alla cautela, emerge prepotentemente la questione della riapertura della scuola. 

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La scuola da grande dimenticata è rispolverata e riportata all’attenzione come il simbolo dell’Italia che riparte. Questo sentimento collettivo che attraversa i discorsi nelle piazze, nei talk show televisivi, che occupa le prime pagine dei giornali, è anche veicolo di forti interrogativi riguardo alla consapevolezza sociale dell’importanza della scuola. Indubbiamente, i lunghi mesi di didattica digitale, che hanno riempito il silenzio creato dalla chiusura delle aule scolastiche, hanno messo in luce la complessità dell’insegnamento e del lavoro che quotidianamente milioni di insegnanti svolgono. Non è, infatti, passato inosservato il ruolo di assistenza sociale e di supporto alla famiglia esercitato dalla scuola, tanto da spingere alcuni – in forza delle richieste pressanti dei genitori - a porsi un legittimo interrogativo sulla percezione che si ha della scuola e del suo ruolo. In buona sostanza, il dubbio ragionevole che si affaccia è se la scuola sia realmente considerata fulcro e motore di ripresa del Paese o se è semplicemente vista come il porto sicuro a cui appoggiarsi per colmare le debolezze della policy in tema di servizi alle famiglie. Dubbio amletico che non toglie nulla alle evidenti difficoltà che in questi giorni impattano la frenetica attività per la riapertura delle Scuole e non annullano la convinzione che quest’ultima è sicuramente la priorità per rilanciare tutto il circuito di sviluppo. Certo è che la Scuola oggi è un argomento di tendenza, che accresce consensi per alcuni e alimenta paure e tensione per altri. La riapertura delle scuole, infatti, è fortemente condizionata da tutta una serie di variabili che, negli anni in cui l’istruzione è stata considerata un costo e non un investimento, sono sempre state trascurate e lasciate alla responsabilità creativa dei dirigenti che, nel bene e nel male hanno consentito al territorio di non essere privati dei loro presidi formativi. Si pensi ad esempio ai trasporti o alla manutenzione degli edifici scolastici o, peggio ancora, alla rete delle infrastrutture tecnologiche. Aspetti, quest’ultimi, sempre denunciati dal mondo dei professionisti di scuola, ma inascoltate dai soggetti decisionali.

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Le Scuole, tra gli operai degli enti territoriali e i fornitori che giungono a consegnare devices e gel disinfettanti, in questi giorni appaiono come cantieri aperti in cui tutti operano per riaccendere la speranza su un nuovo orizzonte di futuro. Le cattedrali della conoscenza pare che stiano per vivere un nuovo rinascimento che nasce tra perplessità, dubbi, preoccupazioni ma con una convinzione salda: occorre dare una nuova opportunità al nostro Paese, alla nostra democrazia restituendo ai bambini, ai ragazzi, agli studenti lo spazio dove l’identità di ognuno si forma e si sviluppa nell’incontro alchemico con la diversità dell’altro. L’istruzione sta riconquistando il suo significato più autentico, quello di bene e valore sociale, sovrastando un’idea molto diffusa negli ultimi tempi di dover essere al servizio del mercato e degli shareholders. La società della conoscenza, della tecnologia, del potere della scienza e del mercato, indebolita da un nemico ancora tutt’oggi inedito e sconosciuto, sta cedendo il passo alla conoscenza come valore in sé, come emozionalità, come condizione insostituibile per la costruzione di un mondo solidale e di una reale democrazia globale. La comunità planetaria è passata attraverso la devastante opera della pandemia e la politica ha dovuto umanizzarsi marginalizzando la new economy a vantaggio di un ben più importante progetto di sviluppo sostenibile: la garanzia alle Persone di una possibilità di sopravvivenza e di sviluppo.

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La Scuola, con la sua opera silenziosa, ha fatto ancora una volta un miracolo, rendendo evidenti i reali problemi della contemporaneità: il bisogno di realizzare condizioni di vita basate sulla giustizia sociale che valorizzino l’umanità e, soprattutto, i suoi cittadini più deboli. La descolarizzazione del terzo millennio fondata sulla centralità della tecnologia, vista come garanzia per i nativi digitali di avere accesso all’universo infinito dei sapèri e al discernimento della realtà, ha dovuto restituire lo spazio al riconoscimento dell’importanza della mediazione dell’insegnante e della relazione interpersonale nella formazione del pensiero e nella coltivazione dell’emozionalità.

Il dubbio su come sarà la scuola del post-coronavirus, tuttavia, è più che legittimo e ragionevole. Lo scenario sociale è inevitabilmente cambiato. I pavimenti delle aule sono segnati da confini, ogni angolo ricorda prescrizioni e regolamenti, le lavagne di ardesia oramai sono un arredo lasciato in un angolo a suggello di una memoria, si fa largo il tempo in cui la libertà non è più scontata ma si costruisce e si conquista giorno per giorno in un apprendistato di cittadinanza che passa attraverso la tutela della salute. In questa nuova condizione, il sentimento nostalgico di una scuola che abbiamo conosciuto, che abbiamo amato ed odiato, criticato e subìto, probabilmente sarà la nota che caratterizzerà questo ritorno e la colonna sonora di una nuova epoca che stiamo presto per inaugurare tra ragionevoli dubbi e sicurezze da costruire.

 *dirigente scolastico IIS Lucrezia delle Valle- Cosenza 

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